Le potenzialità delle tecnologie della informazione e della comunicazione nella gestione delle risorse umane

In questo articolo parleremo di tecnologie della informazione e della comunicazione nel loro rapporto con la organizzazione e la gestione delle risorse umane nei luoghi di lavoro. Come ogni tecnologia, esse sono fattori abilitanti di scelte e politiche date ma sono anche in grado di rendere possibili e sprigionare applicazioni e comportamenti organizzativi prima non immaginabili o poco esprimibili. Nella nostra visione, come vedremo, è questa seconda prospettiva quella più foriera di dare risultati positivi alle aziende che meglio vorranno e sapranno aderirvi.

Ad oggi gli utenti di Internet a livello mondiale raggiungono la quota di circa 2,2 miliardi, pari a circa il 30% della intera popolazione del globo. Una crescita esponenziale che testimonia la diffusione e la pervasività di questo strumento, ormai entrato nella pratica quotidiana di un numero enorme di individui, aziende e istituzioni attraverso le innumerevoli attività che si possono svolgere nella e attraverso la rete (non solo utilizzando il PC ma sempre più il telefono mobile e gli altri strumenti quali tablet, smartphone, ecc.). Su Internet cerchiamo e raccogliamo informazioni di ogni genere, ci documentiamo attingendo alle fonti più svariate, seguiamo in diretta i fatti giornalieri, entriamo in contatto con altri, ci facciamo conoscere, conosciamo altri, produciamo e socializziamo conoscenza, condividiamo interessi comuni con altri, partecipiamo a dibattiti, inviamo e riceviamo posta, confrontiamo idee, costruiamo itinerari di viaggio, facciamo prenotazioni, scarichiamo video, condividiamo video e foto, confrontiamo prodotti e servizi, facciamo acquisti, sbrighiamo pratiche, vendiamo, ecc. Nella evoluzione al cosiddetto WEB 2.0 il paradigma dominante è quello della produzione di contenuti diffusa, ovvero della trasformazione di chi naviga da semplice fruitore di contenuti a produttore di contenuti all’interno di una dimensione di utilizzo e condivisione sempre più marcatamente sociale. Accanto a Google e alla sua sterminata capacità di reperimento di qualsiasi informazione, abbiamo i “Social Network” quali Facebook (circa 36 milioni di iscritti) e Twitter; Wikipedia con la sua continua creazione distribuita di conoscenza; i video caricati da milioni di persone su You Tube; una sterminata quantità e varietà di Blog e gruppi di interesse i più svariati; le cronache di fatti svolte da non giornalisti professionisti; una enorme mole di giudizi, valutazioni, commenti, raccomandazioni di contenuti di ogni genere “postati” e condivisi in rete e classificati attraverso tassonomie generate dal basso (le “folksonomy”).
Le generazioni più giovani, in particolare coloro con maggior livello di istruzione, oltre ad essere frequentatori assidui di questo mondo, sono portatori, protagonisti e attori di un modello di comunicazione che per molti versi è ormai un modello culturale che ne plasma esperienze, comportamenti, attese, socialità e attraverso cui esprimono padronanza nell’utilizzo di tecnologie ma anche qualità e competenze evolute di comunicazione, relazione, intraprendenza, apertura mentale, innovazione, creatività, influenza.
Entro il 2014 circa metà della forza lavoro sarà rappresentata dalla cosiddetta “Net Generation” nata fra il 1981 ed il 1997 e quindi ampiamente socializzata a questi strumenti, per non parlare della successiva cosiddetta “Generazione Z” nati dopo il 1997. Quale impatto da questo punto di vista ? Duplice : da un lato per la prima volta dalla rivoluzione industriale la forza lavoro porta nelle aziende competenze – pensiamo anche solo a quelle più meramente tecniche legate all’utilizzo del computer e del Web – che tradizionalmente venivano apprese nei luoghi di lavoro e che ora invece vengono acquisite nelle sfere del privato e del sociale. Dall’altro lato mutano ovviamente le aspettative, la motivazione e il livello di soddisfazione verso il lavoro e di conseguenza l’attrazione che un impiego o l’altro, una azienda o l’altra, possono suscitare.
Per essere estremamente sintetici e forse brutali, una azienda che si dimostra “vecchia” nel modo in cui utilizza le tecnologie della comunicazione e della informazione attrae meno, in particolare le risorse migliori (gli “high flyer”), motiva meno, deprime il potenziale di produttività e di innovazione. Il tema non è banalmente che l’azienda “conceda” l’accesso a Internet, ma come questo tipo di tecnologia viene utilizzata dall’azienda nel suo modo quotidiano di operare e nella relazione con le persone che vi lavorano, punto su cui approfondiremo il discorso fra poco.
Le variabili che abitualmente si utilizzano per analizzare e gestire il “clima organizzativo” e la qualità del lavoro mutano e si arricchiscono di nuovi aspetti di cui tenere conto. Un esempio interessante è il valore che sempre più viene attribuito (dai giovani ma anche in momenti particolari della vita delle persone più adulte, quali la maternità o le cure da portare a genitori anziani) ad un bilanciamento fra vita e lavoro (il cosiddetto “Work-life balance”): è un tema emergente nella gestione del personale e indica la maggiore attenzione che viene data a come conciliare i tempi di questi due momenti; aziende eccellenti su questo punto adottano politiche di flessibilità dell’orario oppure danno precise indicazioni affinché si eviti di convocare riunioni in orari che possono portare a debordare troppo l’orario, oppure creano punti di accesso a Internet per sbrigare on-line pratiche amministrative, oppure – e qui sta la vera rivoluzione che le nuove tecnologie consentono – adottano modalità di telelavoro, tecnicamente ad oggi ampiamente possibile per una fascia consistente di mansioni basate essenzialmente sul trattamento di informazioni via computer e via rete.
La presenza delle aziende su Internet attraverso il proprio sito e quella, minoritaria ma crescente, nei Social Networks attraverso la propria pagina, sono modalità ormai – in particolare la prima – molto diffuse con cui esse comunicano sempre più attivamente con tutti gli interlocutori esterni (i cosiddetti “stakeholders”), fanno promozione, gestiscono il brand veicolando la propria immagine e nei casi più avanzati utilizzando la rete per analizzare e orientare la percezione che l’ambiente esterno ha di loro e dei loro prodotti e servizi e la reputazione di cui godono. E’ quindi inevitabile che l’essere attivi sulla rete è anche funzionale ad attrarre le risorse professionali di cui necessitano e di cui sono alla ricerca; il numero di CV ricevuti attraverso la rete è un buon indicatore della efficacia della presenza in rete. Non mancano inoltre, anzi sono sempre più ampie, le possibilità di avere informazioni, valutazioni, comparazioni, esempi positivi o negativi di come si vive in quella o quell’altra azienda, attraverso i blog, i siti che a vario titolo si indirizzano a chi cerca lavoro o trattano temi inerenti; se si inserisce su Google “migliori posti in cui lavorare in Italia” otteniamo 6.690.000 risultati ! La vostra azienda come appare in questi siti ……? La strategia del marketing virale attraverso la rete non si applica solo ai prodotti e servizi ma anche alla ricerca di persone da assumere.
Un tema emergente è infatti l’utilizzo della rete per il reclutamento del personale, modalità ormai acquisita dalla quasi totalità delle aziende statunitensi ma, secondo recenti ricerche, in espansione anche in Italia. Abbiamo visto prima come la presenza in rete e il come sulla rete si parla di una azienda, rappresentano un importante fattore per attrarre richieste di lavoro e poter quindi contare su un bacino di reclutamento più ampio; il pulsante “Lavora con noi” sul sito aziendale è un mezzo rapido per raccogliere domande e CV e per instaurare un primo momento conoscitivo; così come la presenza sui siti specifici destinati alla ricerca di lavoro quali Monster e Experteer; ma si sta diffondendo anche il canale dei Social Network su cui sono attivi ormai milioni di persone : la pagina su Facebook è un altro modo per comunicare in rete l’azienda e avere l’opportunità di entrare in contatto con potenziali aspiranti, ma è anche – se ben gestita – per dare l’immagine di un ambiente “smart” in linea con i tempi; a tal fine sono possibili iniziative innovative e più ricche : la catena alberghiera Marriot, ad esempio, ha creato e messo su Facebook un gioco interattivo multimediale destinato a promuovere l’interesse verso le carriere possibili; il gioco simula la gestione di una cucina e consente di dare una visione di cosa significa operarvi, offrendo quindi agli aspiranti uno strumento per valutare il proprio interesse, il livello di adeguatezza, la motivazione ecc. ma consentendo anche alla azienda non solo di allargare enormemente il bacino di reclutamento, ma di ottenere già informazioni e segnali utili in fase di selezione. A tal fine si sta diffondendo l’uso dei Social Networks in particolare per ottenere a costi nulli una maggiore conoscenza e visibilità “virtuale” sulle persone da selezionare; è uno strumento che qui si affianca a quelli tradizionali, non li sostituisce ma potenzia l’efficacia e l’efficienza con cui il processo di reclutamento e selezione è condotto; oltre al fatto che potendo giocare su grandi numeri la velocità di sostituzione aumenta moltissimo e l’affinamento della ricerca migliora. Social Network come in particolare Linkedin (che ha circa 22 milioni di iscritti, circa 370.000 in Italia, che aumentano al ritmo di circa 100.000 al giorno e che è lo strumento a cui più fanno ricorso head hunters e addetti al reclutamento e selezione) sono una fonte preziosa di informazioni, non solo legate alla storia professionale delle persone, ma alla loro rete di rapporti, alla reputazione di cui godono, alla vitalità del loro muoversi in rete; tutti aspetti peraltro rilevabili anche attraverso Facebook o Twitter, dove invece la visibilità ha poco o nulla a che fare con i temi professionali ma si estende ad aspetti che riguardano la persona nel suo complesso, i suoi interessi, la capacità di espressione e di formulazione di idee, la creatività, la padronanza delle lingue, l’apprezzamento degli altri; ad un occhio attento non sfuggono i soggetti dotati di una leadership naturale, in grado di dare la linea ad un dibattito, di essere sul tema, di gestirlo, di mediarlo, di attrarre consenso; su un piano più ampio abbiamo avuto modo di vedere nei recenti moti che hanno dato luogo alla “Primavera araba” oppure a fenomeni quali “Occupacy Wall Street”, l’emergere attraverso la rete di veri e propri opinion makers e appunto di leaders, gestori di modelli organizzativi molto efficaci e innovativi capaci di mobilitare masse verso azioni e obiettivi (i modelli organizzativi a “legami deboli”).
Così come possiamo altresì apprezzare competenze tecniche, capacità di innovazione e opinioni qualificate nei blog o nelle conversazioni interne a gruppi di interesse su determinati prodotti di consumo : ne sono portatori soggetti da cui arrivano suggerimenti, critiche ed idee che spesso il marketing attento ascolta e utilizza per innovare prodotti e servizi; soggetti quindi che a buon titolo possono costituire risorse professionali importanti per l’azienda.
Veniamo ora a vedere come le tecnologie possono essere utilizzato dentro l’azienda a supporto della gestione delle risorse umane.
Il primo più noto e tutt’altro che recente utilizzo delle tecnologie informatiche è l’e-learning : nasce come evoluzione o meglio rivoluzione della formazione a distanza, ovvero di quelle modalità di formazione che rompono il rapporto fra fruizione di un corso e presenza in una aula, permettendo – attraverso l’utilizzo del computer come strumento di erogazione di corsi appositamente strutturati – un approccio individuale senza vincoli di tempo, orari, ritmi personali, numero di accessi, dispersione territoriale delle sedi; rende possibile inoltre potenziare modalità didattiche quali la simulazione, i giochi (“edu-entertainment”), l’interattività e l’impiego di risorse multimediali quali video, nonché attivare una valutazione più puntuale dei risultati. Con alterne fortune, folgorazioni e altrettanto repentini raffreddamenti delle attese, ha finito ormai – anche grazie ad un ridimensionamento dei costi, sia tecnologici (le piattaforme di creazione ed erogazione dei corsi o “Learning Management System”) che legati allo sviluppo dei corsi – per ritagliarsi e consolidare un ruolo ed una configurazione stabili di strumento complementare, aggiuntivo e in parte sostitutivo nella formazione aziendale, in particolare nella modalità “blended”, ovvero alternata ed integrata con forme tradizionali di aula e la presenza di figure di supporto (il tutor). Particolarmente adatto per massicci aggiornamenti professionali attraverso campagne e – sul versante opposto – per modelli più personalizzabili e continui di formazione, la sua integrazione e fruizione via Web hanno consentito di arricchirlo con nuove funzionalità di interazione e di rapporto fra le persone che stanno configurando i “nuovi ambienti integrati di apprendimento e di gestione della conoscenza” di cui ora parleremo.
Per arrivare ad essi partiamo dalla evoluzione delle Intranet aziendali. Nate come strumento di comunicazione interna (la versione privata del sito pubblico) sono diventate veri e propri Portali che consentono di fornire accessi differenziati per funzione aziendale e rendere disponibili risorse aziendali a supporto della attività lavorativa, tipicamente documenti, procedure interne, banche dati, work flow, posta elettronica, tutto integrato in un unico ambiente e accessibile on line. Anche le funzioni del Personale sono evolute in tal senso e sempre più si sono e si stanno diffondendo Portali dedicati; la loro ricchezza e articolazione risentono della cultura aziendale e dalla capacità di innovazione che caratterizzano la funzione Personale.
Il livello minimo è uno spazio informativo, anche in forma di “house organ”, con magari l’accesso a utilities amministrative (es. gestione trasferte). Si fanno risparmi di costi, si rende possibile un aggiornamento rapido dei contenuti e quindi un intensità e velocità di comunicazione maggiori, anche in termini di feedback che si possono ottenere.
Un approccio evolutivo tipico vede in seguito l’integrazione dell’accesso ai corsi formativi on-line : ad esso diventa possibile legare in maniera personalizzata il profilo delle competenze richiesto dal proprio ruolo aziendale e la autovalutazione dello stesso, al fine di responsabilizzare la persona nella diagnosi dei suoi bisogni formativi; l’accesso ai profili individuali del responsabile della persona consente di raccogliere le sue valutazioni e di confrontarle, contribuendo a fare della valutazione (anche estesa a terzi in un’ottica a 360°) un processo più continuo.
Su un piano che ha invece a che fare più con la gestione complessiva del know how aziendale, con la creazione di “depositi di conoscenza” documenti quali manuali, normative tecniche, modulistica, report e descrizioni anche poco strutturate di come si sono risolti casi o date soluzioni a problemi, vengono digitalizzati, messi in linea e resi accessibili online, consentendone la facilità e rapidità di accesso e di reperimento. La capitalizzazione delle conoscenza, il riutilizzo della conoscenza, la memoria degli errori, le best practices sono tutti elementi di produttività, miglioramento e innovazione, che danno inoltre una immagine della azienda in cui si lavora improntata a trasparenza, circolazione della informazione, apertura, elementi tutti che sappiamo quanto contano sulla motivazione e quindi di nuovo sulla produttività, il miglioramento, l’innovazione.
Oltre che risorsa a supporto e a potenziamento diretto della prestazione professionale, questi depositi di conoscenza costituiscono anche una risorsa formativa a supporto della crescita e dello sviluppo delle persone : lo studio di un manuale, il reperimento di specifiche informazioni, l’analisi di casi, l’interazione con l’esperto o il leader professionale (figure specifiche designate dall’azienda nell’ambito delle famiglie professionali e individuabili attraverso le “pagine gialle” pubblicate sul Portale) sono tutte tappe e strumenti che possono far parte di un percorso di sviluppo disegnato con il supporto della linea, del tutor o di altre figure dedicate quali il coacher, oppure, non in alternativa, creato spontaneamente come frutto del desiderio individuale di imparare e di un atteggiamento volitivo verso la propria crescita. Ci si può così muovere nella rete aziendale nello stesso modo in cui nella vita quotidiana lo facciamo per documentarci, coltivare i nostri interessi e sviluppare le competenze che in essi utilizziamo. L’azienda in definitiva dota le persone di strumenti più efficaci di produttività, ne favorisce l’aggiornamento continuo e lo sviluppo professionale e quindi, nuovamente, la produttività e la innovazione, aumenta le motivazioni, avvicina le generazioni non solo più avvezze ma più desiderose di operare in contesti tecnologicamente evoluti, offre più opportunità ma ottiene anche più visibilità su chi le vuole e la sa sfruttare al meglio per dare risultati ed eccellere.
Ma c’è un ulteriore serie di aspetti e di evoluzioni possibili che esaltano ulteriormente questo scenario, di cui abbiamo accennato in precedenza e di cui ora vedremo come si traduce in termini di abilitazione attraverso la tecnologia di nuove opportunità di sviluppo ed “empowerment” della persone in azienda.
Abbiamo visto che con il Web 2.0 la trasformazione forte a cui stiamo assistendo è duplice : l’attore che crea il contenuto non è più un soggetto centralizzato e poco numeroso, ma una moltitudine di soggetti sparsi; la dimensione sociale cresce a dismisura e quasi colonializza la rete.
Vediamo i risvolti che questo ha su come disegnare i sistemi di accesso e fruizione in rete della conoscenza aziendale e delle risorse e gli strumenti per la formazione e lo sviluppo, di cui abbiamo parlato in precedenza.
Dal punto di vista del suscitare apprendimento è noto che si apprende meno con la formazione strutturata che con la formazione on-the-job a maggior ragione quando questa è sostenuta da una dimensione sociale, ovvero si apprende più rapidamente e più profondamente interagendo con altri su specifici argomenti o meglio problemi da risolvere. Non è questa la sede per trattare il tema nei suoi risvolti teorici e pratici; quello che ci interessa qui è, nuovamente, evidenziare la natura abilitante che giocano le tecnologie della informazione e della comunicazione e il web di nuova generazione. L’ambiente di gestione della conoscenza e di apprendimento che prima abbiamo delineato si può arricchire di svariate funzionalità che sfruttano i nuovi paradigmi tecnologici. I fruitori diventano creatori di conoscenza e di contenuti : attraverso le pagine personali, i blog, il wiki, il personal tagging, la segnalazione dei contenuti giudicati migliori e l’endorsement di chi li produce, gestiamo le “Comunità di pratica” interne all’azienda, ovvero quei gruppi – non necessariamente descrivibili e racchiudibili dentro le varie definizioni e confini organizzativi – accumunati dal condividere il dovere affrontare tematiche e problemi comuni; situazione che è di per sé genera apprendimento in termini di costruzione di repertori condivisi di interpretazione della realtà e di orientamento dell’azione che si selezionano attraverso il dibattito, il confronto e l’emergere via via della conoscenza “giusta” che risolve il problema. Il Portale si arricchisce quindi di funzionalità che permettono la nascita spontanea di comunità, la circolazione dei contenuti autoprodotti sui temi oggetto di dibattito, la loro selezione e scrematura, l’emergere dal confronto della conoscenza migliore, la costruzione collaborativa di nuovi contenuti, la loro classificazione condivisa e non calata dall’alto e quindi più fungibile. La rete fa veramente “rete” e abilita, supporta la rete professionale. Contribuire a creare conoscenza e condividerla diventano valori e obiettivi che entrano a pieno titolo nella valutazione delle persone e nella loro progressione di carriera. Si moltiplicano i nuovi ruoli che hanno a che fare con queste tematiche (tutor, coacher, leader professionale) e si aggiungono specifiche attività in tal senso nella descrizione dei ruoli attesi o nascono spontaneamente nella vita delle comunità professionali.
L’azienda ha l’evidente risultato di vedere muovere la sua organizzazione in maniera forse meno rigidamente strutturata, ma più in grado di sprigionare idee, proposte, soluzioni, innovazione in una parola; può decidere se e quanto di questi fenomeni spontanei, ma indotti dall’aver messo a disposizione un ambiente di questo tipo, intende strutturare ad esempio in processi di miglioramento continuo; acquisisce maggiore visibilità su criticità, colli di bottiglia informativi, messaggi non sufficientemente compresi, devianze; ascolta; accelera la produzione e la circolazione di best practices emerse dal basso; ha ulteriori elementi di osservazione sulle persone, sui loro comportamenti, sui loro contributi, sulle loro competenze, sull’emergere di leader professionali o manageriali.
La persona è più produttiva, più soddisfatta e motivata, ha ulteriori strumenti per crescere, autorealizzarsi e sentirsi stimata, nuovamente a vantaggio della motivazione e della produttività.
Un vecchio arnese di analisi delle motivazioni delle persone ci torna a questo punto utile per concludere : è la piramide di Maslow adattata al contesto della rete. I bisogni primari sono quelli di connessione; l’essere in comunicazione, avere supporto ci da sicurezza; essere parte di una comunità risponde al bisogno di socialità; la possibilità di collaborare e soprattutto la considerazione corroborano l’autostima e la realizzazione di sé stessi.
La nuove tecnologie della informazione e della comunicazione, in sintesi, abilitano le aziende a realizzare cambiamenti organizzativi e gestionali basati sulla autonomia, la competenza, l’adattamento continuo, l’innovazione, tutti fattori fondamentali in tempo di crisi; a monte del loro utilizzo ci deve essere tuttavia una cultura che considera chi lavora in una azienda una persona ed una risorsa e non semplicemente un fattore produttivo da acquisire sul mercato.

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La gestione delle risorse umane al tempo della crisi

Uno spettro si aggira per l’Europa, anzi più spettri : crisi finanziaria, recessione, disoccupazione strutturale. Il paradigma stesso di un capitalismo che possiede al proprio interno gli antidoti contro la ciclicità delle crisi è fortemente esso stesso in crisi, forse irreversibile. Precarietà del lavoro, allungamento dei tempi di permanenza in azienda, che ostacola l’ingresso di nuovi assunti ma nel contempo espone i lavoratori anziani a problemi di esubero, sono poi inevitabilmente fattori di tensione e di conflitto.
Sul piano di argomenti quali lo sviluppo della conoscenza, delle competenze, delle motivazioni, a tutti i livelli, nazione, imprese, istituzioni ed in primo luogo persone, le risorse scarseggiano e si rinvia a tempi migliori. La centralità della risorsa umana è dichiarata e ribadita, ma nei fatti poco incoraggiata. Anzi, il mio timore è che serpeggi la tentazione di una via di fuga, di un aggiramento del tema : in fondo si gareggia sui costi, sulla flessibilità esasperata, si pensa. Il fattore umano è manodopera, da acquisire nella quantità e qualità che serve – così come si fa per ogni altro fattore di produzione – su un mercato che deve essere un vero mercato : si compra la quantità che serve, quando serve, al prezzo più basso, quando non serve la si smaltisce. La qualità non è il criterio principale quando si decide – dichiaratamente o meno – di competere sui costi e i prezzi. L’obiettivo è l’ottimizzazione dei fattori produttivi, a partire dal lavoro. Peccato che nessun fattore produttivo è regolato da pure logiche razionali di mercato, come si insegna invece nelle illustri Università da cui la nuova èlite tecnocratica proviene. Il mercato finanziario è impazzito, il paragone più efficace lo assimila ad un “casinò” dove si gioca, si vince, si perde a ritmi vertiginosi. Le materie prime sono oggetto di spietati conflitti geopolitici per il loro possesso. Il lavoro, alla fine, è, quando la disoccupazione galoppa, il fattore più facile da normalizzare. Dietro le quinte, forse, in Italia in particolare, si sta giocando una grande partita su quale dovrà essere il nostro futuro, in termini di contrapposizione fra due modi diversi di vedere la competitività; personalmente temo che la tentazione verso uno scenario riduttivo come quello delineato sia sempre più forte. Un dato macroeconomico poco diffuso ma a mio avviso molto illuminante : i dati pubblicati in questi giorni da DESTATIS, l’ufficio federale tedesco di statistica, dimostrano in modo evidente la profonda trasformazione in atto ormai da tempo della struttura dell’export tedesco: sempre più Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e sempre meno Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna). Emerge infatti che nel primo trimestre del 2012 le esportazioni verso i paesi della fascia europea meridionale sono letteralmente crollate (per l’Italia, meno 7,6%) e che “esplodono” le esportazioni (+ 11,2%) al di fuori dei confini europei. Altrettanto emblematici sono i dati riguardanti l’import, in particolare quelli riguardanti l’Italia: se da un lato si riducono significativamente le esportazioni tedesche verso il nostro Paese, dall’altro aumentano sensibilmente le importazioni, che nel primo trimestre 2012 fanno registrare un significativo + 8% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. In definitiva, rispetto ad un passato anche prossimo, diminuisce drasticamente l’export tedesco in Italia, ma contestualmente aumenta in modo altrettanto drastico l’import. Cosa ci riserva il futuro ? La “proposta indecente”, suffragata dalle recenti manovre e prese di posizione (non potendo agire sulla leva della svalutazione della moneta), sembra essere quello di preparare l’Italia ad essere competitiva nel compito che l’Europa le ha assegnato: quello di essere il paese fabbrica-cacciavite al servizio della locomotiva tedesca.
Ma paura del futuro, precarietà, bassi salari, mancato sviluppo personale, come sappiamo, sono tutti fattori che deprimono la qualità delle risorse umane, il loro livello di competenze, la mobilitazione individuale e collettiva delle risorse, la motivazione e, di conseguenza, le prestazioni, i risultati, la produttività, il benessere.

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Competenze, carriera orizzontale e pay-for-competence

Il modello di gestione del personale per competenze fornisce per ogni posizione organizzativa le competenze richieste e le confronta con quelle esistenti nelle persone; integrandosi alla valutazione del potenziale e a quella delle prestazioni, fornisce tutte le informazioni per impostare i piani di carriera e di sostituzione (in particolare delle posizioni critiche). Il modello delle competenze diventa quindi il fulcro attorno a cui ruotano tutte le metodologie e gli strumenti di gestione delle persone, dalla selezione alla compensation.
Il modello di carriera a cui siamo più abituati è quello verticale, lungo la cui progressione si collocano via via ambiti di responsabilità più ampi e complessi, maggiori risorse da gestire, risultati più importanti da ottenere. Si tratta di una carriera tipicamente manageriale che si associa al maturare di competenze gestionali più articolate e profonde. Al progredire verso l’alto della gerarchia aumenta il potere, il prestigio e la remunerazione dei dipendenti.
E’ un modello di carriera a ranghi chiusi che funziona con la logica del “torneo” dove i diversi contendenti si sfidano per una posizione. La prospettiva di carriera induce una competizione tra i dipendenti che vengono ritenuti adatti a conseguirla e, pertanto, li motiva ad impegnarsi nei compiti loro affidati. Erogando un solo premio l’impresa incentiva le prestazioni di più dipendenti.
Con la tendenza allo snellimento e all’appiattimento delle strutture organizzative (lean organization) i possibili percorsi di carriera verticale diminuiscono, calano quindi le opportunità e si intensifica la competizione.
Accanto alla tipica carriera manageriale si è tradizionalmente affiancata (dual ladder) una carriera professionale, basata non sul livello di responsabilità gestionale ma sul contenuto tecnico-professionale, lungo un percorso di carriera basato sull’incrementarsi della intensità di quest’ultimo e sul suo grado di possesso da parte delle persone : la carriera del professional, spesso tuttavia vista come negletta e succedanea rispetto alla ben più rinomata e ambita carriera manageriale; questo – è la nostra impressione – quasi fino al punto di far venire progressivamente meno l’importanza attribuita al saper fare tipico del mestiere di una azienda e soprattutto l’ambizione ad acquisirlo : “carriera la fa chi è capace a fare il capo”.
Una evoluzione del modo di concepire e di gestire le carriere è quella delle carriere orizzontali. Si tratta di uno sviluppo che non da luogo ad un percorso di carriera verso l’alto, ovvero verso posizioni gerarchicamente più elevate e, come dicevamo, caratterizzate da maggior contenuto gestionale. La carriera viene a coincidere non con l’ascesa di una gerarchia di posizioni, ma con l’avvicinamento al centro del sapere relativo ad un dato “mestiere” o professione, da cui dipende la riproduzione e l’aggiornamento delle competenze che lo qualificano. Le tappe di questa progressione sono contrassegnate dall’incremento della “reputazione” del soggetto invece che dello status della posizione ricoperta, ovvero dalla sua capacità di diventare punto di riferimento nella sua area di conoscenza. La progressione si sostanzia soprattutto nella capacità di generare nuova conoscenza e di diffonderla. Le tappe di questa progressione si manifestano in livelli denominabili in diversa maniera, quali ad esempio apprendista, praticante, esperto, specialista, leader professionale, fino al titolo di maestro e persino di granmaestro.
Una carriera orizzontale si caratterizza per :
· il riferimento delle promozioni a una gerarchia di merito basata sulle competenze
· l’apertura dei ranghi della gerarchia
· l’assegnazione delle promozioni in seguito a valutazione del merito assoluto delle persone, invece che del merito relativo per cui “vince il migliore”.
L’apertura dei ranghi implica anche la possibilità di ampliare la fascia retributiva possibile a parità di posizione gerarchica, consentendo quindi anche una progressione retributiva parallela a quella legata alla progressione gerarchico-gestionale e legata invece alle competenze acquisite e dimostrate : pay-for-competence.
Introducendo la carriera orizzontale si ottengono diversi vantaggi :
· si ampliano le opportunità di mobilità e di riconoscimento offerte alle persone, generando quindi maggior motivazione
· si riducono i rischi di frustrazione, di insoddisfazione e di conflittualità legati alla “sconfitta” nella competizione
· si incentiva l’apprendimento e l’acquisizione di nuove competenze
· si incentiva e si incrementa la produzione di nuova conoscenza
· si incentiva e si incrementa la cultura e la pratica della diffusione della conoscenza.
La carriera orizzontale ed il pay-for-competence sono quindi approcci e strumenti particolarmente efficaci per una azienda che intende gestire in maniera attiva la conoscenza. Lo sviluppo orizzontale si correla infatti, come abbiamo visto, con la creazione di conoscenza e con la sua condivisione, entrambe premiate e fatte diventare comportamenti che caratterizzano e rendono possibile questo tipo di carriera. La sua evoluzione prevede infatti una crescita del livello di competenze verso la capacità di generare conoscenza e di metterla a disposizione.
La creazione di conoscenza avviene attraverso la produzione di nuove soluzioni, di innovazioni di prodotto/processo, di nuove tecniche, di scoperte tecnico/scientifico, fino ai brevetti.
La diffusione e condivisione si sostanzia:
· nella creazione di basi di conoscenza che patrimonializzano , formalizzano e rendono fruibile ad altri la conoscenza (manuali, best practices, ecc.)
· nella copertura di ruoli di formatore/diffusore interno
· nell’esercizio di attività di moderazione e stimolo di famiglie professionali, forum, wiki e altri strumenti resi disponibili dai portali di gestione della conoscenza (ove esistenti).
La carriera professionale non si sostanzia perciò solo nell’incremento del sapere, ma assume come logica di sviluppo e di riconoscimento proprio quella della generazione e condivisione della conoscenza. Questo anche abbinando in tal senso l’assegnazione di obiettivi specifici, misurabili e premiabili.
Abbiamo aperto il tema del pay-for-competence, tema innovativo e critico su cui senz’altro tornare e confrontarsi.

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Benvenuti nel Blog di Marcello Bogetti.
In questo Blog tratteremo di una serie di temi manageriali che riguardano in particolare la gestione delle Persone all’interno delle organizzazioni, quali :
· Mappatura e valutazione delle competenze
· Valutazione delle prestazioni
· Valutazione del potenziale
· Metodologie e strumenti di sviluppo del personale e delle competenze
· Mobilità e carriere
· Mercato del lavoro
· Autosviluppo
· Progettazione formativa
· Metodologie e strumenti di formazione fuori dall’aula
· On-the-job training
· Action learning
· Metodologie e strumenti di facilitazione dell’apprendimento
· Motivazioni delle persone
· Welfare aziendale
· Sviluppo organizzativo e change management
· Definizione core competencies, mission, vision, valori
· Gestione della conoscenza aziendale
· Processi, metodologie e strumenti di gestione della conoscenza aziendale
· Mappatura della conoscenza
· Realizzazione di basi di conoscenza
· Gestione comunità di pratica
· Lesson learned e best pratices
· Utilizzo di strumenti ICT nella gestione delle risorse umane e nella gestione della conoscenza
· Il web 2.0 per la formazione e lo sviluppo e la gestione della conoscenza.
. Social Network Analysis

Lo faremo proponendo stimoli, riflessioni, esperienze, innovazioni, provocazioni; tutto quanto in grado di guardare a questo mondo in maniera fresca, aperta e scevra da pregiudizi; un modo per uscire dalle classiche trattazioni consulenziali, spesso paludate e ripetitive.
Il presupposto è che lo sviluppo di un paese, delle sue aziende, organizzazioni e istituzioni passa attraverso lo sviluppo delle Persone, delle loro competenze, della loro conoscenza, della loro voglia di fare, ammesso che – aldilà del dichiarato – lo si faccia e lo si sappia effettivamente fare.

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